Ecoreati. Cosa Sono e Come Funzionano le Norme in Italia

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Ecoreati: Cosa Sono e Come Funzionano le Norme in Italia

Gli ecoreati, o reati ambientali, sono crimini che danneggiano l’ambiente e la salute pubblica, rappresentando una delle principali minacce per il nostro pianeta. In Italia, con la Legge ecoreati 68/2015, il codice penale ha introdotto una serie di norme specifiche per punire chi commette atti che inquinano o deteriorano l’ambiente. Vediamo nel dettaglio cosa sono gli ecoreati e come funziona la normativa italiana.

Cosa Sono gli Ecoreati?

Gli ecoreati comprendono una serie di reati ambientali legati a comportamenti che provocano danni all’ecosistema. Tra i principali ecoreati riconosciuti dalla legge italiana troviamo:

  • Inquinamento ambientale: Si configura quando un’attività provoca un danno grave e duraturo alla qualità di acqua, aria o suolo.
  • Disastro ambientale: Un reato più grave dell’inquinamento, che coinvolge danni estesi e irreversibili all’ambiente o alla salute.
  • Traffico illecito di rifiuti: Smaltimento illegale di rifiuti, spesso pericolosi, che avviene senza rispettare le normative ambientali.
  • Omessa bonifica: Quando chi ha causato danni ambientali non interviene per ripristinare le condizioni originali del sito inquinato.

La Legge 68/2015: Introduzione degli Ecoreati nel Codice Penale

La Legge 68/2015 ha rappresentato una svolta nella tutela dell’ambiente in Italia, inserendo gli ecoreati nel codice penale. Prima di questa legge, i crimini ambientali erano spesso puniti con sanzioni amministrative, insufficienti a contrastare i gravi danni ecologici causati da comportamenti illeciti.

Con l’introduzione degli ecoreati, la legge prevede pene severe, che vanno dalla reclusione fino alla confisca dei beni, per chi commette inquinamento, disastro ambientale o traffico illecito di rifiuti. Inoltre, la normativa prevede anche il principio di riparazione, obbligando i responsabili a bonificare e ripristinare i luoghi danneggiati.

Come Funzionano le Indagini sugli Ecoreati?

Le indagini sugli ecoreati sono condotte da autorità specializzate, come i Carabinieri del NOE (Nucleo Operativo Ecologico) e le Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale (ARPA). Le operazioni di controllo si concentrano soprattutto in settori a rischio, come l’industria chimica, il trattamento dei rifiuti e la gestione delle acque.

In caso di accertamento di reati ambientali, le sanzioni possono essere molto elevate, con pene detentive che arrivano fino a 15 anni per i reati più gravi, come il disastro ambientale.

Confisca ex art. 452-undecies e 452-quaterdecies codice penale: quali differenze? Categoria: Ecoreati Autorità. Cassazione Penale Sezione III. Sentenza n. 30691 del 05/08/2021

La confisca prevista dall’art. 452-undecies cod. pen. presenta profili peculiari, giacché si caratterizza non tanto per una funzione “punitivo-sanzionatoria”, quanto risarcitoria-ripristinatoria, alla luce di quanto disposto dal terzo comma del medesimo art. 452-undecies, il quale prevede che i beni confiscati siano messi ‘nella disponibilità’ della pubblica amministrazione e vincola la destinazione di questi (e dei relativi proventi) esclusivamente alla bonifica dei luoghi. Diversamente, la confisca prevista dall’art. 452-quaterdecies, cod. pen. non solo non contiene una previsione analoga a quella di cui sopra, ma, anzi, prevede l’obbligo, per il condannato, di effettuare il ripristino dello stato dell’ambiente (obbligo ulteriore e più ampio rispetto alla semplice bonifica o alla messa in sicurezza del sito). 

Ritenuto in fatto

  1. Con sentenza ex art. 444 cod.proc.pen. del 05/03/2020, il Tribunale di (omissis) applicava a (omissis) e (omissis) la pena da questi concordata in relazione al reato di cui agli artt. 110 cod.pen, 260 d.lgs 152/2006, ravvisata la circostanza attenuante di cui all’art. 452-decies cod.pen. ed alla (omissis) srl la sanzione pecuniaria in relazione all’illecito amministrativo di cui all’art. 5 e 25 undecies d.lgs 231/2001, disponendo in base al disposto dell’art. 452 quaterdecies cod.pen. la confisca di quanto in sequestro.
  2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione (omissis) e (omissis), a mezzo del difensore di fiducia, e la (omissis) srl, a mezzo del difensore di fiducia e procuratore speciale.I ricorrenti propongono un unico complesso motivo, con il quale deducono violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla confisca dei beni in sequestro, lamentando che il Tribunale aveva valorizzato una interpretazione meramente letterale dell’art. 452- undecies cod.pen. ed aveva escluso che, pur in presenza della diminuente del ravvedimento operoso, non operasse la misura della confisca; in subordine, sollevano questione di legittimità costituzionale in ordine alla ritenuta inammissibilità, pur in caso di applicabilità della diminuente di cui all’art. 452- decies cod.pen., della esclusione dell’istituto della confisca alla fattispecie di cui all’art. 452 quaterdecies per violazione dei principi di cui agli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione.
  3. Il Pg ha depositato requisitoria scritta; il difensore dei ricorrenti ha depositato memoria con conclusioni scritte; la parte civile Citta Metropolitana ha depositato memoria con conclusioni scritte e nota spese.

Considerato in diritto

  1. I ricorsi vanno dichiarati inammissibili, sulla base delle argomentazioni che seguono.
  2. In via preliminare, va rilevata la carenza di interesse di (omissis) e (omissis) a proporre impugnazione. Secondo il costante orientamento di questa Corte, è inammissibile per difetto di interesse il ricorso proposto avverso la confisca di un bene da parte dell’imputato del reato in riferimento al quale la confisca viene disposta, che non sia titolare o gestore del bene stesso (Sez. 5, n. 18508 del 16/02/2017, Rv. 270209; Sez.6, n.11496 del 21/10/2013,dep.10/03/2014, Rv.262612 – 01). Nella specie, i beni oggetto della confisca non sono nella titolarità dei predetti ricorrenti, i quali, pertanto lamentano aspetti non invocabili perché inerenti a diritti di soggetto diverso – la ricorrente società (omissis) srl – quale unico titolare del diritto alla restituzione degli stessi (cfr. anche Sez. 5, n. 8922 del 26/10/2015, Poli, Rv. 266141, nonché in motivazione Sez.U,n.13539 del 30/01/2020, Perroni).
  3. Le censure mosse con i ricorsi sono, comunque, tutte manifestamente infondate.
  • 3.1. Il Tribunale, nel disporre la confisca dei beni in sequestro, ha correttamente applicato il disposto dell’art. 452-quaterdecies, il cui ultimo comma prevede testualmente che, con riferimento al reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, con la sentenza di condanna o con quella emessa si sensi dell’art. 444 cod.proc.pen. “è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato…salvo che appartengano a persone estranee al reato”. Va ricordato che tale delitto era contemplato nell’articolo 260 del d.lgs. 152/06, che sanzionava, appunto, la condotta di “chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni”. Tale norma è stata trasposta, in attuazione del principio di “riserva di codice” nell’articolo 452-quaterdecies del codice penale dal d.lgs. 1 marzo 2018 n. 21. Il reato di cui all’art. 260 d.lgs 152/2006 è, quindi, ora disciplinato, ai sensi degli artt. 7 e 8 del d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21, dall’art. 452- quaterdecies cod. pen. con assoluta continuità normativa. Non coglie nel segno la censura difensiva che prospetta una interpretazione estensiva dell’art. 452- undecies, ultimo comma, cod.pen., nel senso di ricomprendere nell’ambito applicativo di tale articolo anche il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. Com’è noto, con legge n. 68 del 2015, il legislatore ha introdotto nel codice penale un nuovo titolo VI-bis, al fine di rafforzare la tutela apprestata al bene giuridico ambiente dalle fattispecie contravvenzionali previste dal Codice dell’ambiente (d.lgs. n. 152 del 2006). Tra le innovazioni apportate dalla novella, vi è l’introduzione di un’ipotesi di confisca obbligatoria all’art. 452-undecies cod. pen. il quale prevede, al primo comma, che, in caso di condanna o patteggiamento per i reati di inquinamento ambientale (art. 452-bis cod. pen.), disastro ambientale (art. 452- quater cod. pen.), traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (art. 452- sexies cod. pen.), impedimento del controllo (art. 452- septies- cod. pen.) nonché per i reati associativi finalizzati alla commissione dei nuovi reati ambientali previsti dal titolo VI-bis, il giudice debba sempre ordinare la confisca delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che servirono a commetterlo (o di beni di valore equivalente, laddove quella diretta non sia possibile), salvo che i beni appartengano a terzi estranei al reato. Secondo quanto prevede il terzo comma della norma, i beni confiscati ai sensi dei commi precedenti o i loro eventuali proventi sono messi nella disponibilità della pubblica amministrazione competente e vincolati all’uso per la bonifica dei luoghi.
    Quale effetto premiante il comportamento ripristinatorio tenuto dal soggetto post delictum, è disposto all’ultimo comma della medesima disposizione, che l’istituto della confisca non trova applicazione nei casi in cui l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dei luoghi (“L’istituto della confisca non trova applicazione nelle ipotesi in cui l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di rispristino dello stato dei luoghi”). Tale ultima disposizione è correlata a quanto specificamente previsto nel primo comma dello stesso articolo con riferimento ai delitti ivi menzionati e ne costituisce una deroga.
    La lettera del legislatore è chiara nell’indicare tassativamente le condotte delittuose che rientrano nell’ambito dispositivo della norma in esame e, tra queste, non viene contemplato il reato di cui all’art. 260 d.lgs 152/2006, ora disciplinato dall’art. 452-quaterdecies cod. pen. Oltre al chiaro elemento letterale vanno considerati anche profili di carattere sistematico. Va considerato, infatti, che nella legge 22 maggio 2015 n. 68 quando il legislatore ha voluto fare riferimento diretto al delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, allora contemplato dall’art. 260 digs 152/2006, ne ha fatto espressa menzione, come avvenuto nell’art. 452-decies cod.pen., che disciplina il ravvedimento operoso.
    Inoltre, lo stesso legislatore del 2015 ha inserito, nel disposto dell’art. 260 del d.lgs 152/2006, il comma 4 bis, la confisca obbligatoria delle cose delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, disciplinando, quindi, in maniera specifica e separata la misura ablatoria correlata allo specifico delitto ambientale di cui all’art. 260 menzionato.
    Risulta evidente, quindi, che il legislatore ha voluto escludere il reato di attività organizzate per il traffico illecito dal novero dei delitti per i quali, nell’ipotesi di messa in sicurezza e bonifica e ripristino dello stato dei luoghi, non trova applicazione l’istituto della confisca di cui all’art. 452-undecies cod.pen.
  • 3.2. Manifestamente infondata è la questione di legittimità costituzionale degli artt. 542-decies, 452-undecies cod.pen. e 452-quaterdecies cod.pen. per violazione dei principi di cui agli artt. 3, 24 e 27, comma 3, Cost. in relazione alla esclusione dell’istituto della confisca in caso di applicazione della diminuente di cui all’art. 452-decies cod.pen. per la fattispecie di reato di cui all’art. 452- quaterdecies- cod.pen.
    Questa Corte ha già valutato la manifesta infondatezza di una siffatta questione, valutazione che il Collegio condivide e ribadisce. E’ stato, infatti, osservato che “la previsione della confisca obbligatoria delle cose utilizzate per commettere il reato, prevista dall’ultimo comma della disposizione denunciata per il caso di condanna o di applicazione di pena per il delitto di traffico illecito di rifiuti (attualmente previsto dall’art. 452- quaterdecies cod. pen. e precedentemente dall’art. 260 d.lgs. 152/2006), non è affatto irragionevole, avendo lo scopo, sia a fini sanzionatori sia special-preventivi, di sottrarre i beni utilizzati per commettere tale reato, onde evitarne la ripetizione, e di dissuadere dalla sua nuova futura commissione, dunque la realizzazione di scopi tipicamente correlati alla funzione della sanzione penale, rimessi alla scelta del legislatore; questa non appare né irragionevole, né abnorme, né in contrasto con il principio di uguaglianza per la mancata applicazione, a tale tipo di confisca, della esclusione prevista dall’art. 452-undecies, comma 4, cod. pen. (secondo cui la confisca prevista da tale disposizione per i reati di cui agli art. 452-bis, 452-quater, 452-sexies, 452-septies e 452-octies cod. pen. non si applica quanto l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi), trattandosi di scelta rimessa alla discrezionalità del legislatore, che non appare esercitata in modo irragionevole, stante la diversità strutturale tra le fattispecie contemplate da tale disposizione e quella di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen., che contempla condotte che possono anche non richiedere attività di bonifica o ripristino dello stato dei luoghi” (cfr Sez.3, n.11581 del 2020, Porcelli).
    A tali argomentazioni va aggiunta l’ulteriore considerazione della diversa natura della confisca disciplinata dall’art. 452-undecies cod.pen. E’ stato condivisibilmente affermato, nel raffronto con analoga ipotesi di confisca obbligatoria prevista dall’art. 260-ter d.lgs. n. 152 del 2006 – integrante una misura sanzionatoria, con funzione eminentemente repressiva – che la confisca ex art. 452-undecies cod. pen., presenta profili peculiari, in quanto caratterizzata non tanto da una funzione punitivo-sanzionatoria, bensì da una funzione risarcitoria-ripristinatoria, alla luce dell’interpretazione letterale del terzo comma dell’articolo in esame, il quale prevede che i beni confiscati siano messi “nella disponibilità” della pubblica amministrazione e vincola la destinazione dei beni confiscati o dei proventi incamerati esclusivamente alla bonifica dei luoghi (Sez.3, n.15965 del 11/02/2020, Rv.278907 – 01). La confisca prevista dall’art. 452-quaterdecies, ultimo comma, cod.pen. non solo non contiene una previsione analoga a quella di cui all’ad 452-undecies cod.pen., ma, anzi, contempla, al comma terzo, l’imposizione dell’obbligo per il condannato di effettuare il ripristino dello stato dell’ambiente, obbligo ulteriore e più ampio della semplice bonifica o messa in sicurezza del sito. La lamentata diversità di trattamento risulta, dunque, ragionevolmente giustificata dalla diversità strutturale del reato di cui all’ad. 452-quaterdecies cod. pen. rispetto alle altre ipotesi delittuose menzionate nell’art. 452-undecies cod.pen. e dalla diversa funzione riconducibile alla confisca di cui all’art. all’ad. 452-quaterdecies cod.pen, rispetto a quella di cui 452-undecies cod. pen.
  1. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
  2. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’ad. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro tremila.
  3. Non può essere accolta la richiesta della parte civile Città Metropolitana di (omissis) di condanna dell’imputato al pagamento delle spese di costituzione e difesa in questo grado, giacché l’intervento della parte civile nei diversi gradi del giudizio penale è consentito solo quando in questo si agitino questioni che incidano sugli interessi civili, ipotesi che qui non ricorre. Costituisce, infatti, principio pacifico che non è consentito l’intervento della parte civile nel giudizio di cassazione avente per oggetto esclusivamente il trattamento sanzionatorio o la confisca dei beni degli imputati in quanto tali questioni non possono avere alcuna incidenza sugli interessi civili e, nel caso in cui l’intervento sia comunque avvenuto, non possono porsi a carico dell’imputato le relative spese (Sez.1, n.51166 del 11/06/2018, Rv.274935; Sez.5, n.47876 del 12/11/2012, Rv.254525 – 01).

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