Richiesta di archiviazione – Ordinanza del giudice per le indagini preliminari che dispone nuove indagini consistenti nell’interrogatorio dell’indagato – Relativo anche a reato diverso da quello cui si riferisce la richiesta – Abnormità – Esclusione – Ragioni.

Le Sezioni unite penali hanno affermato che non è abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari non accolga la richiesta di archiviazione e restituisca al pubblico ministero gli atti, perché effettui nuove indagini consistenti nell’interrogatorio dell’indagato, trattandosi di provvedimento che, non solo non risulta avulso dall’intero ordinamento processuale, ma costituisce espressione di poteri riconosciuti al giudice dall’ordinamento; hanno aggiunto, inoltre, che l’abnormità va altresì esclusa laddove l’interrogatorio debba espletarsi con riguardo ad un reato diverso da quello per il quale è stata richiesta l’archiviazione, essendo dovuta, in tale caso, la previa iscrizione nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen.

La coltivazione domestica di piante da stupefacenti per uso personale alla luce delle recenti Sezioni Unite. Osservazioni a prima lettura.

Cassazione Penale, Sezioni Unite, 16 aprile 2020 (ud. 19 dicembre 2019), n. 12348
Presidente Carcano, Relatore Andronio

la pronuncia delle Sezioni Unite con cui si è affermato che il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente; devono però ritenersi escluse, in quanto non riconducibili all’ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore.

 

Confisca urbanistica e prescrizione del reato. Alcune considerazioni fuori dal coro sulla pervicace applicazione di una sanzione sostanzialmente penale a reato prescritto

Cassazione Penale, Sezioni Unite, 30 aprile 2020 (ud. 30 gennaio 2020), n. 13539
Presidente Carcano, Relatore Andreazza

Il controverso tema dell’applicabilità della c.d. confisca urbanistica a reato prescritto è stato oggetto negli ultimi anni di un serrato confronto fra Corti nazionali e sovranazionali, il quale non si è mai sopito tanto da essere stato recentemente oggetto della decisione n. 13539 del 2020 della Corte di cassazione a sezioni unite.

Sebbene il cuore di quest’ultima decisione riguardi l’estensione dell’art. 578 bis c.p.p. alla confisca lottizzatoria, il punto volutamente attenzionato dall’autore investe la sempre verde questione del rapporto fra confisca e prescrizione.

La Corte conferma il proprio precedente quadro interpretativo, secondo cui il proscioglimento per intervenuta prescrizione maturato nel corso del processo non osta alla confisca del bene oggetto della lottizzazione abusiva, purché il reato venga comunque accertato in tutti i suoi elementi secondo gli standard probatori e le garanzie proprie delle pronunce formali di condanna, dovendo, però, il giudice di primo grado prendere atto della prescrizione hic et nunc,  senza cioè disattendere l’obbligo ex art. 129 c.p.p. e proseguire nel giudizio, cosicchè la confisca possa trovare applicazione solo se in quel momento risulta già accertato il reato.

A parte il revirement sull’art. 129 c.p.p., la Corte di legittimità si mantiene, quindi, ben piantata nel solco ermeneutico secondo cui alla prescrizione del reato di lottizzazione può seguire l’applicazione della confisca, che si continua ad etichettare come sanzione amministrativa, ma della cui natura penale non pare possa più dubitarsi visto anche la sentenza della  Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018.

Il contributo evidenzia come un tale riconoscimento dall’alto della natura penale della confisca avrebbe dovuto però tradursi in un momento di riflessione sull’attuale compatibilità del perorato quadro interpretativo con questa visione sostanzialistica della misura ablatoria, guardando ai principi fondanti il nostro ordinamento penale e malgrado la Grande Camera della Corte EDU avalli la regola della compatibilità tra sanzione penale e sentenza di proscioglimento per prescrizione.

Viceversa nulla di tutto ciò è stato fatto, limitandosi la Corte suprema nel suo massimo consesso a compiere un atto di fede rispetto alla pronuncia di Strasburgo, con l’evidente rischio di inoculare nel nostro ordinamento penale una regola che, presto o tardi per ragioni legate all’inefficienza del sistema a garantire la tutela effettiva di determinati beni giuridici, potrebbe essere estesa ad altre sanzioni penali.

Droghe “leggere” e aggravante dell’ingente quantità a seguito del D.L. 20 marzo 2014, n. 36: depositata la sentenza delle Sezioni Unite (14722/2020).

Cassazione Penale, Sezioni Unite, 12 maggio 2020 (ud. 30 gennaio 2020), n. 14722
Presidente Carcano, Relatore Fumu

con ordinanza n. 38635 del 2019 era stata rimessa alle Sezioni Unite la seguente questione di diritto: «se, con riferimento alle cd. “droghe leggere”, la modifica del sistema tabellare realizzata per effetto del D.L. 20 marzo 2014 n. 36 convertito con modificazioni nella legge 16 maggio 2014, n. 79, imponga una nuova verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione della circostanza aggravante della ingente quantità, in considerazione dell’accresciuto tasso di modulazione normativa, oppure mantengano validità, per effetto della espressa reintroduzione della nozione di quantità massima detenibile, ai sensi del comma 1 bis dell’art. 75 d.P.R. n. 309 del 1990 e ss.mm .ii., i criteri basati sul rapporto tra quantità di principio attivo e valore massimo tabellarmente detenibile di cui alla sentenza delle SS.UU. n. 36258 del 24 maggio 2012, Biondi, Rv. 253150».

Con sentenza n. 14722, depositata il 12 maggio 2020, le Sezioni Unite hanno affermato il seguente principio di diritto: «a seguito della riforma introdotta in tema di stupefacenti dal d.l. 20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni dalla legge 16 marzo 2014, n. 79, mantengono validità i criteri fissati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 36258 del 24 maggio 2012, Biondi, per l’individuazione della soglia oltre la quale è configurabile la circostanza aggravante dell’ingente quantità prevista dall’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990 e che, con riferimento in particolare alle c.d. droghe leggere, la soglia rimane fissata in 2 kg. di principio attivo».

Le Sezioni Unite intervengono sul concetto di “abuso di autorità” previsto dall’art. 609 bis c.p.

Cassazione Penale, Sezioni Unite, 1 ottobre 2020 (ud. 16 luglio 2020), n. 27326
Presidente Fumu, Relatore Ramacci

Con la pronuncia n. 27326 del 2020 le Sezioni Unite affrontano la questione relativa alla corretta interpretazione del concetto di “abuso di autorità” previsto dall’art. 609 bis c.p.

Lo scenario giurisprudenziale si presentava sul punto diviso tra un orientamento restrittivo favorevole ad una lettura della nozione di autorità intesa in senso formale e pubblicistico ed uno, estensivo, propenso a ricondurre nella categoria in questione tanto le autorità pubbliche quanto quelle private.

Le Sezioni Unite intervengono, a composizione del contrasto, aderendo al secondo orientamento, prospettando però una soluzione che sembra segnare un’ulteriore tappa del lungo percorso di erosione della tipicità del reato de quo.

 

1 2
Facebook