Ricettazione telefono cellulare: Cellulare acquistato evitando i canali usuali di commercializzazione

Ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (nella specie, la Corte ha ritenuto che l’acquisto di un telefono cellulare fuori dai canali ufficiali di commercializzazione fosse certamente sintomatico del dolo). Cassazione penale sez. II, 14/07/2020, n.25578

Cassazione: obbligatorio segnalare autovelox su auto dei vigili o la multa viene annullata

Lo ha stabilito la Suprema Corte respingendo un ricorso del Comune di Feltre contro un automobilista che nel 2015 era stato multato dalla polizia locale con uno ‘Scout speed’, dispositivo mobile per rilevare la velocità. Da oggi anche questi dispostivi dovranno essere segnalati da una scritta luminosa ben visibile. In particolare, la Cassazione ricorda che l’art. 142 del Codice della Strada stabilisce che “le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all’impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi”. Il decreto ministeriale del 2017, però, dispone che “nessuna preventiva segnalazione è prevista per i dispositivi di rilevamento della velocità installati a bordo di veicoli per la misura della velocità anche ad inseguimento”. Ma, spiegano gli ermellini, quanto previsto dal Codice della Strada, “in quanto legge ordinaria dello Stato – sottolinea la Cassazione – è fonte di rango superiore e non può essere derogata da una di rango inferiore e secondario come quella emanata con il decreto ministeriale”. Quindi, nel caso di manifesti un contrasto “tra le previsioni della legge e quelle del decreto ministeriale, è quest’ultimo che cede”.

Cassazione su condono abusi in aree vincolate

Corte di Cassazione, 3 Sez. Penale, sent. n. 2231/2022 in materia di abusi edilizi commessi in area vincolata. Nella sentenza i magistrati della Corte di Cassazione affermano che “È costante il principio, in tema di abuso edilizio, per cui la prosecuzione di lavori edili su manufatti abusivamente realizzati concretizza una nuova condotta illecita, a prescindere dall’entità dei lavori eseguiti, e ciò anche quando per le condotte relative alla iniziale edificazione sia maturato il termine di prescrizione, atteso che i nuovi interventi ripetono le stesse caratteristiche di illegittimità dall’opera principale alla quale strutturalmente ineriscono. Ne consegue che se si proseguono i lavori edilizi su un immobile abusivo  dopo la scadenza del termine per il condono, senza che il permesso in sanatoria sia stato rilasciato, si producono due effetti giuridici: la commissione di un ulteriore reato, trattandosi di lavori edilizi su immobile abusivo, e la non concedibilità del condono richiesto, perché la data a cui fa riferimento la legge serve a fotografare la situazione di fatto esistente su cui valutare la possibilità di rilasciare il titolo in sanatoria.”

Pertanto, la Cassazione ritiene che “Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, in tema di abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, il condono previsto dall’art. 32 del dl. n. 269/2003 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003) è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 al citato decreto e previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.

Non sono invece in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 dello stesso allegato, anche se l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.”

Dei danni da vacanza rovinata, di regola, non risponde l’agenzia di viaggi

L’intermediario di viaggi (o venditore che dir si voglia, o “agenzia di viaggi”) risponde delle obbligazioni tipiche di un mandatario o venditore: ad es., scegliere con oculatezza l’organizzatore, trasmettere tempestivamente le prenotazioni, incassare il prezzo o restituirlo in caso di annullamento. L’intermediario, invece, non è responsabile degli inadempimenti dell’organizzatore o della non rispondenza dei servizi effettivamente offerti a quelli promessi e pubblicizzati, a meno che il viaggiatore o il turista non dimostri che l’intermediario, tenuto conto della natura degli inadempimenti lamentati, conosceva o avrebbe dovuto conoscere, facendo uso della diligenza da lui esigibile in base all’attività esercitata (art. 1176, comma 2, c.c.), l’inaffidabilità del tour operator cui si era rivolto, oppure la non rispondenza alla realtà delle prestazioni da quello promesse e pubblicizzate. É quanto stabilito dalla Cassazione civile con ordinanza 2 febbraio 2022, n. 3150.

Alcoltest: illegittimo il verbale se l’apparecchio non è omologato

In tema di violazione al codice della i strada, il verbale dell’accertamento effettuato mediante etilometro deve contenere, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata, l’attestazione della verifica che l’apparecchio da adoperare per l’esecuzione del cd. “alcooltest” è stato preventivamente sottoposto alla prescritta ed aggiornata omologazione ed alla indispensabile corretta calibratura; l’onere della prova del completo espletamento di tali attività strumentali grava, nel giudizio di opposizione, sulla P.A., poiché concerne il fatto costitutivo della pretesa sanzionatoria. É quanto si legge nell’ordinanza della Cassazione del 10 febbraio 2022, n. 4288.

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